Dov’è Finita la Pallina da Tennis?

Pubblicato da Giovanni Carnaroli


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La pallina si è persa ma le sue sorelline giá nel tubo reclamano la sua presenza. Un campo da tennis d’inverno a tarda serata è inospitale, l’aria fredda, le luci bianche, livide. Proprio come il mare d’inverno, come recita una canzone di Loredana Berte’ – Il mare d’inverno -.

Mare mare
Qui non viene mai nessuno
A farci compagnia!

Il mio compagno di gioco è già andato sotto la doccia, le palline erano mie e ne manca una. Il custode è stanco, scostante, dà lo “straccio” come un tosacani, non guarda neanche il campo come esce da quel massaggio! Ha fretta, è scocciato e fa una gran fatica a non diventare scortese. Mi ha appena detto che quando avrá finito chiuderá le luci e poi tutti a casa! Ho poco tempo per trovarla, allora mi metto a cantare la filastrocca che recita così:

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Palla pallina, dove sei andata??
Dalla nonnina!!
Cosa ti ha dato?
Pane e formaggio!
Cosa hai bevuto?
Acqua di mare!
Sputala fuori che ti fa male!!!

Ma la pallina non risponde e allora andiamo per esclusione, uno sguardo sulle superfici piane del pallone pressostatico del campo, nessuna traccia, allora si guarda sotto le sedie e le panche, magari se ne sta negletta, incastrata ed isolata, niente! Guardo nel cestino dei rifiuti, magari un tiro malandrino o mancino l’ha confinata lì! No, non c’è neppure lì. Arriva il custode che si avvia nei pressi dell’interruttore generale per staccare la corrente. Io non sono riuscito a trovarla, il custode dice – domani la troveremo – ma io non sono d’accordo e con il custode che nel frattempo è diventato scortese non mollo, mi faccio dare le chiavi, l’impianto lo chiudo io, lui può andare a casa!

Ci mettiamo d’accordo sul posto dove lascio la chiave così domattina il custode la ritrova. Se qualcuno è scortese gratuitamente con me non mi piace il detto latino “homo homini lupus” , neanche “occhio per occhio” e “dente per dente”. Non utilizzerei l’arma della vendetta che dà la massima soddisfazione: sono una persona civile e non mi piace. Non utilizzerei l’arma del perdono perché il perdono bisogna meritarselo e perché sono laico. Con lui userei l’arma della pietà e della indifferenza, perché dove nasce l’indifferenza , muore la tua presenza! A me non piace assumere un atteggiamento scostante e scortese e non mi basta che qualcuno lo sia con me perché di conseguenza io lo sia con lui! Il rapporto di causa-effetto non funziona con l’educazione, non c’è nessun nesso di carattere meccanicistico o deterministico, almeno per me! Se ami il tuo lavoro, qualsivoglia lavoro, lo fai bene sempre, soprattutto quando sei stanco e insoddisfatto.

Il custode del campo da tennis non lo puoi fare se non sei appassionato di tennis, devi amarlo questo sport, devi amare pure il campo che è il teatro del tennis! Un po’ quello che dovrebbe succedere agli infermieri, non si può fare l’infermiere se sei un tipo cinico e sprezzante, obbligatorio è avere una bella dose di “humanitas” nel profondo del cuore, amore per il bene e rispetto per il prossimo! Siete d’accordo con me, cari adorabili miei lettori? Qualche volta un sorriso per un malato è molto più efficace di una medicina! La vera medicina che dovrebbe albergare negli ospedali dovrebbe essere la solidarietà, la comprensione, e il rispetto per il dolore!

Cosi il bravo custode alla fine della giornata deve essere disponibile e generoso. Infatti a fine giornata il campo va curato, le buche vanno “incerottate”, va passato il rullo, poi lo “straccio” con cura ed è come si massaggiasse un maratoneta alla fine della giornata, magicamente dopo il massaggio il campo torna liscio, bello, pulito, nuovo e lucido, sembra che il campo te ne sia grato, guardatelo attentamente, vedrete che ringrazia sentitamente! A me piace moltissimo , dopo aver giocato un’ora, “dare lo straccio”, si, lo so, tutti la considerano una stranezza! Il mio compagno di gioco va nello spogliatoio ed io rimango a “fare il campo” con il custode che mi guarda stranito, è un po’ come se io fossi quanto meno originale! Ma quanto sono distanti a volte le persone, quanta diversa è la sensibilità e l’intendimento! Qualche volta penso che anche l’ermeneutica, l’arte della interpretazione non ” ci azzecca” un po’ come le previsioni del tempo! Io quando “passo lo straccio” vado avanti piano e guardo indietro il campo che da disordinato diventa ordinato e penso – quante volte lo ha fatto mamma con me che lasciavo sempre tutto in disordine e lei passava “lo straccio”, pardon la mano, e tutto tornava in ordine, senza tirare in ballo i miracoli del Vangelo! Io passo “lo straccio” e penso a mamma e qualche volta a Mosè che attraversava il mare che si richiudeva dietro di sè!

Ma torniamo alla “questio” , “a pallina nu ce sta”, ora non rimane che guardare ai lati del pallone pressostatico e vicino alla porta di entrata/uscita, lì ci sono delle cavità da visitare. Mi avvicino in un angolo del campo dove il pallone fa una piega che anche se è stretta è pura capiente! Si capiente anche se stretta, cari miei adorati lettori, lo so, la matematica non lo consentirebbe e mi vorrebbe mettere al muro e mi costringerebbe a scegliere o stretta o capiente, ma qui siamo nel campo letterario ed umanistico e non basta un algoritmo a racchiudere le sensazioni e le considerazioni degli umani! Ingegneri, medici , dottori dell’arte semplificatoria e del taglio lineare delle gioie e delle emozioni, sostenitori della regola di causa-effetto e della legge deterministica e meccanicistica, rassegnatevi: qui la piega resta capiente e stretta! Assomiglia alla “fessura” delle donne, quella da cui ha origine il mondo è da cui tutti noi siamo usciti attori in questo immenso palcoscenico che è l’universo!

Mi piego a guardare quella piegatura del telone a forma di “fessura”, si è lì che si è incastrata e chiede di essere presa e tirata fuori. Mi faccio “medico delle donne” insomma e faccio diventare la mia mano affusolata per accalappiarla e tirarla fuori a nuova vita. La prendo delicatamente come se fosse un bimbo e la tirò fuori. Mi sento come un salvatore, ma quanto contano i particolari nella vita, sono sempre lì a fare la differenza tra gli umani! Mi sento come un ginecologo, lui dà la vita ai bimbi, io ho ridato la vita alla pallina! Operazione non facile, lo diceva pure Leopardi nel suo componimento poetico Canto notturno di un pastore errante dell’Asia – …nasce l’uomo a fatica ed è rischio di morte il nascimento! Prova pena e tormento per prima cosa, e in sul principio stesso la madre e il genitore il prende a consolar dell’essere nato – .

Non poteva restare lì al buio, abbandonata anche se mai sedotta; una pallina abbandonata in un campo da tennis è come un aratro abbandonato in un campo. Diceva Pascoli in Lavandare (Myricae) – … Nel campo mezzo grigio e mezzo nero resta un aratro senza buoi, che pare dimenticato, tra il vapor leggero – . Lasciare una pallina sola in campo è un pò come una ragazza senza il suo fidanzato, è come un prete senza la sua Chiesa, è come un bimbo senza la sua mamma! La prendo dunque, la sento emozionata e fredda, forse l’ho colta proprio in tempo prima che sparisse tra i rifiuti. La rimetto nel tubo, insieme alle tre sorelline che la riscalderanno, stanotte avranno molte cose da dirsi prima che arrivi un altro domani!

Con un sorriso e con tanta emozione.

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