Pat Rafter: l’Australiano dalle tre B

Pubblicato da Giovanni Carnaroli


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Patrick Rafter, ex tennista australiano nato nell’anno millenovecentosettatadue (1972), è il settimo di nove figli. Comincia a giocare a tennis assieme al padre e a tre fratelli più grandi. Entra nel professionismo nel 1991 all’età di 19 anni.

Carriera breve ma importante

Rafter è stato un grande esponente del ‘serve and volley’ e i suoi anni migliori sono stati il 1997 e il 1998, quando vinse gli US Open per due anni di fila, primo australiano a riuscirci dai tempi di Neale Fraser che li vinse nel 1959 e 1960. Nell’anno 1998, oltre allo Slam statunitense vinse pure due Masters Series di fila, quelli di Cincinnati e di Toronto. Nel 1999 è campione del mondo ma resta al primo posto per una sola settimana: fu un record anche questo fatto di detenere la leadership più corta nella storia del tour.

Rafter vittorie US Open

È stato un campione sfortunato, a causa di numerosi infortuni, non ultimo quello alla spalla che lo porterà a terminare la carriera anzitempo. Dovrà smettere di giocare con un grande rimpianto: quello di aver disputato due finali a Wimbledon e di non aver mai vinto. La prima nel 2000, dopo aver battuto Agassi in un match memorabile, fu sconfitto da ‘Pistol’ Pete Sampras in quattro set. La seconda però se la ricordano tutti: trovò in finale Ivanisevic che aveva già perso tre finali e che era arrivato alla quarta finale di Wimbledon, partendo dalle qualificazioni. Ma per arrivarci Pat battè ancora una volta Agassi al quinto. Perse al quinto 9-7 una finale che, a detta degli appassionati e cultori del tennis, fu una delle più belle, imprevedibili partite mai giocate. Ne parlo anche nel saggio dedicato a Goran Ivanisevic di questa partita che resterà il più grande e doloroso rimpianto della vita di Pat Rafter.

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Una bella persona

Pat Rafter è stato un campione di tennis ma è una bella persona dentro: pochi lo sanno ma io si e lo scrivo qui. Pat ha donato metà dei montepremi delle sue vittorie agli US Open alla Starligh Children’s Foundation. I fondi sono stati utilizzati per costruire la prima Starling Express Room del Queensland al Mater Hospital di Brisbane. Rafter ha poi fondato una associazione di beneficenza denominata Cherish The Children’s, che ogni anno raccoglie fondi per bambini in difficoltà.

Rafter Ivanisevic: finale a Wimbledon

È stato anche un grande campione di correttezza: è ricordato per il gesto di aver restituito il compenso dopo un torneo giocato male, conclusosi con l’eliminazione al primo turno: “Non ho onorato il pubblico accorso per vedermi, perché dovrei essere pagato?”. Nel 1997 in un torneo di Adelaide, fa cambiare a suo sfavore la chiamata del giudice di linea consegnando di fatto il secondo set a Cherkasov, suo avversario.

Il dono di possedere le tre B

Pat aveva il dono di possedere le tre B: era bello, buono e bravo; ha avuto sempre un gran fascino sulle donne. Il suo famoso ‘sorry Mate’ che esclamava ogni volta che sbagliava il lancio della palla per effettuare il servizio, quelle strisce che si faceva sul viso con la crema solare che lo facevan tanto indio, quel portare quei bermuda stile hawaiano, quel mettere poi i capelli raccolti dietro a mò di codino e poi quella sua ciocca di capelli bianchi che gli valse il nome di ‘Skunky’, hanno mandato in visibilio milioni di ragazze. Nel 2004 ha poi sposato una modella, alle isole Fiji, con la quale ha avuto due figli.

Si chiamava Pat, un nome che desta subito attenzione; un po’ come se in Europa ti chiamassi Alt! È un nome breve, si pronuncia in modo immediato ed è piacevole enunciarlo! Se penso che noi in Europa abbiamo persone che si chiamano Giannantonio, due nomi in uno! Capisco che la mamma fosse indecisa ma avere per tutta la vita il peso di firmarsi Giannantonio e per tutta la vita avere la pazienza di sentirsi nominare due nomi in uno non sara’ facile! Ma lui è Pat e pure il cognome è perfetto ed efficace: Rafter! Suona bene e sta ‘sul pezzo’ come quel nome! Anche esso è breve, è bello! Questo australiano non gioca a football australiano, non ha perso tempo ai giardinetti a scimmiottare il saltellare dei canguri e negli stagni e nelle zone palustri interne ha schivato i coccodrilli, andando a frequentare i più sicuri campi da tennis in erba (ora sono in cemento) e con l’ausilio della racchetta acchiappava con destrezza le palline, non le farfalle! Con insistenza e con talento (tanto) fece che arrivò a diventare tennista in un paese di grandi tradizioni, vero Laver, Rosewall, Newcombe, Hewit e compagnia bella!

Patrick Rafter

Lui era giovane, bello, buono e bravo e non era Gesù ma Pat, il tennista! Pat ‘indossava’ un fisico piuttosto alto, affusolato ma non mingherlino! Insomma se avesse indossato un saio mai l’avresti scambiato per un frate! Aveva una testa molto bella, capelli neri, di un nero scuro-lucente, della serie ‘splendido splendente’ avrebbe detto la cantante Rettore! Questo colore nero pungente dei capelli me lo facevan sentire quasi mediterraneo, poi però il resto dei tratteggi del viso esprimevano tutta la distanza che c’era tra il mediterraneo e l’oceano! Voglio dire che gli australiani te li immagini biondi, occhi dai colori mai marrone, ma lui, Pat, era un australiano speciale!

La fronte era occupata da questa fascia ‘garibaldina’ che lasciava poi osservare due occhi più estesi in lunghezza che in larghezza, belli che opportunamente cigliati e contornati da lunghe e sottili sopracciglia, guardavano per cogliere anche i minimi particolari di ciò che perlustravano. Sembravano due luci del modem acceso che decriptavano la realtà che lo circondava! Ah, dimenticavo, il colore degli occhi era verde scuro e rimandavano ad una idea di freschezza e di pace e sopratutto di bontà! Quegli occhi hanno fatto innamorare migliaia di donne avvinte più da lui che dal suo tennis! Le giovani donne, si sa, ce la mettono proprio tutta ad osservare il tennis di un giovane tennista: se il tennista è bello e seducente finiscono loro malgrado poi ad osservare più il tennista avvenente che il suo tennis vincente!

Asciutto e sottile, Il naso stava in mezzo nella giusta proporzione rispetto all’ovale del suo viso! La bocca era abitata da una dentatura bellissima, i suoi denti erano perfetti, non troppo grossi da sembrare bottoni o scogli di mare o quadretti che orlano orrende tovaglie di osteria, denti non troppo piccoli da delfino, neppure troppo lunghi da squalo! Erano denti di Pat, cioè ‘Perfect’, cioè Rafter! Le sue guance erano appena rivestite e mai potevan essere quelle di un oste, non erano insalsicciate, erano magre e rendevano il viso bello e mansueto; queste guance rendevano evidente le sue espressioni di gioia e di sorpresa che lo colpivano! Questa faccia esprimeva il meglio dell’umanità ed era bello osservarlo; un collo giustapposto si prendeva ogni giorno la responsabilità di sostenere quel capo! Il tronco del corpo era lungo, ben strutturato e robusto, le braccia e le gambe lo rendevano particolarmente attrezzato per il gioco del tennis.

Lui era abbastanza alto ma non troppo per perdere in velocità e in potenza. La camminata era molto seduttiva: infatti non tradiva mai stress e neanche lo regalava a chi lo osservava; camminava lento, era quasi uno spot salutistico a guardarlo, i francesi avrebbero speso la parola ‘promenade’, cioè sembrava che passeggiasse e, se al posto della racchetta avesse avuto un cestello pieno di frittelle, avrebbe potuto essere scambiato per un tranquillo turista che studia un posto per fare merenda. Questa camminata che sembrava un ‘muoversi salutistico’ trasmetteva una tranquillità e una serenità simile a quella che senti quando frequenti conventi e monasteri. C’era una simmetria tra quel viso dolce e francescano e quella camminata cheta e serena. Quella collana al collo con crocefisso era il giusto accessorio in questo quadro idillico e direi quasi religioso.

Il Suo Tennis Offensivo

Ho sempre sostenuto che c’è una simmetria tra la corporeità di un tennista e il tennis che esprime. Ma come giocava a tennis Rafter? Giocava d’attacco: ‘serve and volley‘, riprendendo la gloriosa e storica tradizione dei grandi erbivori australiani Roche, Newcombe e Pat Cash, proponendo un gioco decisamente offensivo. Pat aveva un fisico atletico ed esplicitava quindi un tennis d’accatto ‘serve and volley’, fatto di volée e di colpi da fondo campo votati alla conquista della rete, che doveva diventare il teatro dell’attacco. Insomma alla solidità e alla potenza da fondo, Pat preferiva giocare con estro e fantasia in attacco. In realta’ da fondo campo soffriva a causa di un diritto poco incisivo ed arrotato, un diritto poco penetrante e che spesso gli usciva di misura, anche se di rovescio, con la variazione del ritmo e del taglio in back sulla pallina, riusciva ad essere efficace e pronto per spiccare il volo alla conquista della rete. Servizio in kick e volée da manuale, la rete era la meta di ogni scambio e del punto da conquistare in due o tre colpi al massimo. Aveva un tennis geometrico, le traiettorie erano studiate per realizzare il grande salto a rete per la conclusione: a rete anche la palla alta era presa e schiacciata con un sacrosanto smash che rendeva impotente anche un bel lob.

volee Rafter

Le sue volée erano mirabili perché le sapeva fare di difesa o di opposizione, ma anche magiche e funamboliche, più che di tocco, di punch. Ma vogliamo parlare delle demivolée con cui raccattava le palle giá moribonde a terra riportandole in vita? Prendeva posizione con volée di posizionamento e poi chiudeva con volée definitive e profonde. A proposito delle volée, voglio citare anche un altro meraviglioso giocatore di volée: tale Stefan Edberg, forse la miglior volée della storia del tennis. C’è una differenza sostanziale tra la volée di Rafter e quella di Edberg ed è la seguente: Edberg, quando eseguiva la volée, faceva della compostezza, dell’equilibrio e della tecnica il suo punto di forza; invece Rafter la eseguiva con tecnica istintiva, essenziale abbastanza personale, direi. Tuttavia era efficace perché anche fuori equilibrio, si proiettava sulla palla come un canguro fa, riuscendola ad acciuffarla in qualche modo.

Il servizio era un colpo fondamentale per Pat: lo ha curato tantissimo con il coach Tony Roche (anche lui serviva che era una meraviglia, lui quando caricava la battuta sembrava che avvitasse una molla che poi esplodeva) e lo eseguiva caricando moltissimo sulle gambe e sulla schiena con il braccio armato di racchetta a testa alta, tenuta in attesa della fase d’impatto che avveniva con una grande azione motoria della spalla (purtroppo per lui, proprio la spalla sarà causa di molti suoi stop per infortunio). Questo kick ad uscire lo metteva in grado di conquistare campo e di guidare il gioco aereo.

In questo suo essere giocatore d’attacco mi ricorda un altro giocatore funambolico e d’attacco: era Yannick Noah degli anni ’80; ecco direi che Rafter è stato un po’ il Noah degli anni ’90. Andare rete e giocare al volo erano dunque il suo tennis: se dal fondo aveva dei colpi abbastanza normali, a rete invece dimostrava grande tocco e sensibilità. Più che un tennista a rete, pareva un pompiere messo lì a spegnere gli ardori dell’avversario, ma poteva sembrare anche un portiere, una specie di nostro Buffon, ma forse più seriamente parlando, lui così invece andava a prendere il punto a rete facendosi aereo che, vola prima e che, atterra poi.

Inoltre questo gioco d’attacco fu irrobustito nel biennio 1995 e 1996 sotto la guida di Tony Roche: in questo periodo si dota di una ‘veronica’, forse la più bella della storia del tennis, anche Panatta sarà d’accordo, credo! La migliore volée alta di rovescio di sempre, forse Hoad la eseguiva con pari potenza e precisione. Io l’ho vista, la veronica di Panatta: era ‘imperiale’ e regale, la acchiappava lassù in alto e la schiacciava in cross stretto facendo rimbalzare la palla alta in mostra a tutti, ma imprendibile e solo ammirabile. Lui, Pat, saltava in alto con la forza delle sue gambe e inarcando la schiena nel caricamento del colpo, poi scaricava il tutto con un colpo di polso che rendeva il tutto semplicemente splendido splendente e vincente.

Rafter quando vinceva salutava con entrambe le mani alzate e con un sorriso sincero e splendente, direi accattivante: questa forma di saluto da vincitore sarà poi adottata da un certo Federer, anche lui saluta così, anche lui sorridente che un delfino divertito pare, mentre Pat quando rideva frate pacioso era!

Tempo Tiranno

Si è ritirato da un po’ di tempo e si sa che il tempo è tiranno: seppellisce tutto e all’uomo non resta che la memoria per sopravvivere almeno nel ricordo. Ma gli uomini hanno un arma da usare contro il tempo, è l’arma della memoria: dicevano i latini ‘memento’; con la memoria possiamo essere ricordati anche quando non ci siamo più. E se sei stato una bella persona di te avranno una buona memoria ed è come se continuassi a vivere, certo, nel ricordo! E tu Pat sarai ricordato come un bravo tennista e una bella persona: il tempo, tiranno da sempre, è avvisato! Tu sei e resti nella storia dei tifosi del gioco del tennis.

Il prof. Giovanni Carnaroli

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