Jimmy Connors: detto Jimbo ma anche Turbo

Pubblicato da Giovanni Carnaroli


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Jimmy Connors, il tennista mancino che giocava con un racchettina che sembrava un centrino, con il piatto corde quasi circolare: si sarebbe potuta mettere anche su un tavolo con una bottiglia di vino sopra e non sarebbe stata una idea naïf.

Quando lo osservavi ti colpiva la perfetta circolarità della sua testa, rotonda come una pallina sembrava, poi quella capigliatura a caschetto come ce l’aveva Raffaella Carrà. Quella pettinatura con la frangetta davanti alla fronte che metteva in mostra due occhi furbi, tondi, da bimbo sfrontato ed impertinente. Erano occhi che ti regalavano uno sguardo fiero e coraggioso ma anche consapevole della sua forza e della sua classe. Jimbo, ma anche turbo, giocava a tennis ma, acconciato con quella pettinatura, l’avremmo potuto vedere anche abitante di qualche castello inglese impegnato in una battuta di caccia, lui sul cavallo bianco attorniato da una mandria di cani da caccia.

Il suo tennis brutale e guerresco e offensivo

Di bianco vestito mai un catecumeno poteva sembrare quando giocava a tennis: un tennis esplosivo, aggressivo perché lui era aggressivo ed esplosivo anche nella comunicazione verbale. Alto, un’altezza giusta per il gioco del tennis aveva, un corpo ‘pianeggiante’ come la pianura padana ma senza nebbia, pareva non palestrato ma nerboruto lo era, le tartarughe addominali c’erano ma avevano l’obbligo di recitare nello spartito agonistico un ruolo militare di sacrificio non ostentato. Le braccia e le gambe estese e veloci erano anche potenti, purtroppo per gli avversari. Ha giocato in un’era in cui c’erano Borg e McEnroe, Vilas, addirittura con il mitico Rosewall, Lendl ed altri campioni.

jimmy connors campione

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Ha giocato fino 41 anni: se pensiamo che Borg ha smesso a 26 anni capiamo che davvero ognuno imposta la propria vita come meglio crede! Aveva un gran carattere Jimbo, si esaltava in pubblico, credeva che fosse importante dare una cornice alla partita: quella cornice aveva una vernice agonistica marcata. Borioso, anche un po’ villano e spregiudicato, il bel tenebroso, quel tipo che piace alle donne perché le fa sentire importanti e nello stesso tempo difese. Camminava in campo, dopo lo scambio, come cammina quel tipo che è stato offeso e che medita una lezione fatta di malcelata minaccia. Torvo rimaneva dopo un punto realizzato dell’avversario, lo guardava come se dicesse – Ma come ti sei permesso! -. Ma da dove gli veniva questa sua sicurezza e voglia di scontro? Non era particolarmente palestrato, insomma il suo tennis aggressivo non gli aveva regalato due bicipiti da pesista bulgaro come Nadal dei tempi più recenti! Eppure esercitava un tennis violento e d’attacco, come un fante che saltava la trincea e andava avanti in campo aperto con la baionetta innestata.

Non rotazioni ma ‘Erezioni’

Giocava con la mitica racchetta Wilson T2000 in alluminio con un piatto corde piccolino che un centrino sembrava, quei centrini che metti sotto un vaso di fiori. Dovevi colpire la pallina (allora era albina) sempre al centro altrimenti mai sarebbe andata di là; poi con quel rovescio a due mani doveva colpire la palla mentre saliva per poi farla decollare cinguettante dall’altra parte.

racchetta wilson T2000

Il rovescio piatto di Connors, giocato perennemente in anticipo, a saltar sopra la palla. Lo giocava bimane anche in allungo e non si ricorda una volta che abbia staccato la mano. Anche il back per venire avanti lo giocava a due mani, come pure la volée. Così gli aveva insegnato mamma Gloria. In risposta sarebbe stato il numero uno all-time, non fosse nato Agassi. E poi, provate voi a giocare a quel modo, impugnando una T-2000 in alluminio. Mitico Jimbo! Niente rotazioni ma ‘erezioni’! La palla così colpita era come se avesse avuto un’erezione tanto mascolina e forzuta arrivava sparata di là!

La Rivalità con McEnroe

Ha giocato con tantissimi campioni a cominciare da Rosewall, lo stagionato metronomo australiano che incontrò a Wimbledon, poi ha giocato con il tennista poeta Guillermo Vilas, con Lendl che non sopportava: lo chiamava il tennista frigorifero. Di lui diceva: “Quando devo giocare contro di lui devo mettere i vestiti dell’inverno; trasmette il freddo e l’incomunicabilità, è robotico non umano. Ma una delle rivalità più affascinanti è stata quella tra lui e McEnroe. Una rivalità sempre accesa, direi spontanea per i seguenti motivi: entrambi erano mancini, entrambi erano fuoriclasse, entrambi erano giocatori d’attacco, entrambi provengono dalla scuola di Pancho Segura ed entrambi erano particolarmente accesi, caratterialmente parlando. Eppoi entrambi erano narcisisti e amavano sentirsi attori, prime donne dello spettacolo. Tutti e due erano violenti nel comportamento in campo e nel linguaggio verbale particolarmente rissosi. Era insomma una sfida vera non costruita ad arte dai mass media.

La potrei paragonare a quella tra Nadal e Federer, anche quella sfida era vera incentrata sulla diversa tipologia di gioco, ma mai rissosa. Lì la sfida era avvincente perché il tennis si presentava uno sport davvero diabolico e misterioso: era come una donna che pensavi di conoscere e che poi ti si presentava anche come un’altra tipo di donna, tutta diversa: insomma un po’ Wanda Osiris e un po’ Madonna. Il tennis nella sfida targata ‘Fedal’ si mostrava nella veste dei ‘bei gesti bianchi’ di Federer, eleganti, il tennis etereo e sublime che terrestre proprio non sembrava, e nella veste gladiatoria e muscolare ed operaia di Nadal. Tipologie di tennis tanto differenti ma ugualmente tanto vincenti se interpretate magistralmente. Anche qui caratteri diversissimi ma mai invettive o contumelie, qui mai rissa ma solo mitica competizione e grande partecipazione.

Il Carisma di Jimmy

Jimmy era velocissimo con i piedi e con il braccio sapeva essere veloce, violento e preciso! Dio mio, sono doni questi che fanno o fabbricano il talento. Dopo uno scambio furioso prendeva posizione fissando il terreno di gioco, il palcoscenico su cui si svolgeva la ‘singolar tenzone’, ci regalava quello sguardo basso ma non umile, bensì furioso, e ripensava allo scambio testé terminato e poi alzava lo sguardo verso l’avversario e poi verso il contorno che rendevano lo scontro particolarmente ‘adorno’. La camminata era quasi imperiale, più che un camminare era un incedere: la gamba la estendeva in avanti e il piede atterrava come non fa aereo con la punta prima poi con il tacco, come se volesse marcare l’idea che anche camminare è una conquista del territorio.

Quello che mi piaceva di lui era che, dopo una sconfitta, il suo essere vincente non era per nulla scalfito e la sconfitta era vissuta come un accidente e già si caricava per la rivincita. Aveva una grande capacità di costruirsi una motivazione per essere e sentirsi competitivo e lo ha fatto fino oltre i quarant’anni. Rino Tommasi lo definì il tennista che più si avvicina all’essenza di un pugile: colse in pieno la personalità di Jimmy Connors, che proprio come un’atleta coi guantoni si è trascinato sino all’ultimo (44 anni) sui campi, regalando spettacoli non degni della sua leggenda, ma utili a dimostrare l’infinita passione e voglia di competere che solo Jimbo aveva. Anche oggi, ad oltre 60 anni!

Cosa dicevano Lui e Avversari

Jimbo di sè disse: “Sin da bambino avevo capito che in pubblico devi dare spettacolo. Mia nonna mi diceva – se vinci puoi permetterti tutto -. Urlare scioglie la tensione, a me veniva facile, lo facevo e tornavo a giocare meglio di prima“. E su Lendl con cui vi sarà una rivalità senza precedenti: “In gran parte è diventato il numero uno per abbandono. Guarda, Borg ha lasciato, io sono diventato vecchio e a McEnroe gli si è intorpidito il cervello. Qualcuno doveva essere numero uno. Lendl ha saputo aspettare e gli è andata bene“, disse Jimbo dell’ex coach di Murray. “Le rivalità di oggi sono mosce. Quando guardo indietro, c’era molto di più che andare in campo per giocare a tennis. Era come i Los Angeles Lakers contro i Boston Celtics. Il tennis era il palcoscenico, ma era quasi secondario. Le nostre rivalità erano vere, profonde“.

Arthure Ashe dirà di lui:”Giuro che ogni volta che nello spogliatoio incontro Connors devo forzarmi per non dargli un pugno in bocca“. Chris Evert, storica compagna dello statunitense, spiegherà come Jimbo “ha sempre dovuto odiare gli avversari per dare il meglio“.

La scheda della sua Carriera

È stato il primo attaccante da fondo campo, grazie a questa abilità ha potuto allungare la sua carriera, a differenza dei colleghi, sfruttando la velocità della palla altrui, rispondendo come nessun altro al servizio e non perdendo quell’abilità a rete che gli ha permesso di trionfare ben due volte in doppio con Nastase a Wimbledon e US Open. Per chi è troppo giovane e vuol farsi un’idea di che giocatore fosse Jimmy Connors può tranquillamente guardare in Agassi qualcosa, forse tanto, del vecchio Jimbo.

Trofeo Connors

Giusto per sapere di chi stiamo parlando ecco ora una sequenza di dati impressionanti di quella che è stata la sua prestigiosa carriera: 8 titoli dello Slam, 4 semifinali al Roland Garros a dimostrare la competitività anche sulla terra rossa, e 109 titoli in carriera, ad oggi record imbattuto. 268 settimane da n.1, una permanenza battuta solo da Lendl prima, e Federer poi, nel 2010; 1241 vittorie a fronte di sole 277 sconfitte, l’80% di partite vinte su quelle giocate, numeri spaventosi. Ma descrivere Jimmy Connors tramite una serie di freddi numeri non basta, occorre averlo visto da vicino, magari a bordo campo: solo in questo modo si può avere una idea precisa di ciò che è stato e di ciò che ha rappresentato Jimbo per gli appassionati di tennis.

Il suo anno più esaltante è stato il 1974, in quell’anno vinse quasi sempre, totalizzando 99 vittorie e solo 4 sconfitte, 15 tornei vinti, tra cui tre grandi slam, quindi tutti i tornei del grande slam tranne il Roland Garros a cui non partecipò. In quell’anno sconfisse Ken Rosvwall sia a Wimbledon che agli US Open. Così nel luglio del 1974 divenne numero uno del mondo e rimase tale fino all’aprile del 1979. Ha vinto ovunque ma a New York ha vinto ben 5 US Open. A New York non si respira quella sacralità che c’e a Wimbledon, lì c’è il popolo che mangia hamburger e patatine fritte, lì non c’è silenzio ma confusione e il popolo vuole battaglia, lotta, sudore e sangue come ai tempi del Colosseo a Roma nella lotta tra gladiatori, e Jimbo offriva il suo tennis guerresco, spregiudicato ed intimidatorio che finiva per essere predatorio. Un tennis agonistico che spingeva più allo scontro che all’incontro.

Coincidenza,telepatia, astrologia?

Jimmy, quante ‘notti in bianco’ ho passato a vederti giocare gli US Open in quegli interminabili match finiti al quinto set e vinti alla tua maniera. Sbuffavi e soffiavi, sollevando anche quella frangetta che ti copriva quella fronte e che ti faceva tanto birichino e sbarazzino, e quello sguardo luciferino che ti faceva davvero un bel diavolino. Proprio ieri, mentre componevo il saggio su Jimmy ho messo l’annuncio della pubblicazione prossima in rete e un lettore gentile e cortese, il signor Piero Tommesani mi manda un post in cui dice: “Mi risulta che si sia presentato (Connors) al circolo Nettuno di Bologna, chiedendo di poter palleggiare con un amico al seguito. Naturalmente la voce si è sparsa in un baleno e qualcuno l’ha visto palleggiare!“.

Inoltre conosco una persona, un mio amico americano Mike Sanchioni, che a sua volta ha un amico, si chiama Urbano Frattini, che è un grande fans di Connors: lui ama giocare vestito alla Connors, completino alla Cerruti, stesso polsino e fascia e lo stile alla Jimbo ma è destro, purtroppo. Mi raccontava questo mio amico che una volta andarono a vedere Connors e Becker da qualche parte in una esibizione e che nell’occasione Urbano non faceva come tutti gli altri spettatori che osservavano lo scambio girando lo sguardo come tergicristallo fa, e cioè a sinistra e a destra, no, lui rimaneva con lo sguardo fisso su Connors, non staccava lo sguardo su Connors, una vera comica; insomma per non perdere la visione di Connors lui non seguiva neanche il colpo che finiva nel campo dell’avversario.


Una vera devozione per questo campione che comunque merita tutta la nostra ammirazione. Si trova a Bologna in occasione del Motor Show mentre io gli stavo dedicando un saggio: sta a vedere che mi tocca credere anche alla telepatia e poi anche agli astri! Mai dire mai!

Un grazie sentito per tutte le emozioni che ci hai dato, grazie campione per aver ‘colorato’ le mie ‘notti bianche’ di passione!

Il prof. Giovanni Carnaroli

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