Ciao tennisti campioni, agonisti, amatori, “pipponi” ma appassionati lo stesso.
Da ragazzo studiavo sicuramente di più il gioco degli scacchi che il latino o la matematica. Mi piaceva da impazzire, forse perchè trovavo delle similitudine inconsce con il mio sport preferito: il tennis d’inverno, purtroppo, ad Alessandria non si giocava. Non esistevano i palloni pressostatici e nessuna struttura fissa che ci permettesse di continuare la nostra intensa attività estiva che, più o meno, terminava verso metà ottobre.
Ci dedicavamo così solo alla preparazione atletica (2 volte alla settimana) e per il resto il mio personale svago erano gli scacchi.
Jon Tiriac, ex giocatore di Coppa Davis assieme ad Ilie Nastase, disse che un buon giocatore, sulla terra battuta, deve sapere come finirà lo scambio con un anticipo di dieci colpi. Anche lui disse: “E’ come una partita a scacchi“.
Infatti a scacchi fai le prime 5/6 mosse sempre uguali. Ci sono vari tipi di apertura nel “gioco piano”, con diverse varianti, vari tipi di difese “difesa siciliana, difesa indiana ecc.” e vari “finali di partita”.
Come negli scacchi, a tennis, più o meno, i primi colpi sono sempre uguali. Dopo i colpi iniziali, comincia la battaglia vera e propria. Quali sono i primi colpi? In primis la battuta e la risposta. Quando rispondo, specialmente nei primi giochi, cercherò di indirizzare la palla con una traiettoria a me congeniale, al fine di non incorrere subito in errore. Quando servo, cercherò di mettere dentro la prima palla senza forzare troppo.
Difficilmente nelle prime risposte, anche ad alti livelli, un giocatore andrà a cercare dei rischi, come ad esempio, una risposta lungolinea. All’inizio si cercano angoli lunghi (diagonale) e distanti dalle righe (centrali). Man mano che si prende più confidenza con la palla e con l’avversario, in base al punteggio, si andrà ad effettuare delle varianti.
Nel servizio si cercherà, soprattutto, di non incappare in errori in rete.
I pezzi degli scacchi io li ho sempre associati ai colpi del tennis. Il Re, naturalmente sono io, la Regina il mio servizio, le torri sono i miei fondamentali, diritto e rovescio. Tutti gli altri pezzi sono le varianti di colpi che uso durante una partita. Quindi l’alfiere può essere un attacco a rete ed i cavalli, pezzi alquanto destabilizzante negli scacchi, li ritrovo nella smorzata e nel pallonetto. E i pedoni? I pedoni sono i miei piedi e le mie gambe. E’ risaputo dagli scacchisti che, se ti muovi bene coi pedoni, 90 su 100, porti a casa la partita. A tennis lo stesso. Quando chiesero a Borg se fosse sempre sicuro di vincere, lui rispose: “Sono sicuro quando sento le mie gambe che funzionano bene“.
Abbiamo parlato della difesa. Quante volte ci siamo tutti imbattuti in giocatori di difesa. I famosi “pallettari“, talvolta chiamati così impropriamente e poi vi spiego perché. I pallettari basano il loro gioco aspettando che l’avversario sbagli, fornendo palle sulle quali è difficile appoggiarsi e annientando gli attacchi a rete quasi sempre col pallonetto.
Nelle difese a scacchi, spesso si costringe l’avversario a chiuderlo in una rete inestricabile in modo che non riesca più a fare il suo gioco per poi sferrare un attacco micidiale.
Anche a tennis, improvvisamente, il pallettaro si mette a tirare dei colpi che noi, ormai intorpiditi dalla noia, non ci aspettiamo. Qualche volta il regolarista si concede anche il lusso di fare delle puntatine a rete, effetto sorpresa.
Perché dicevo che talvolta ci sbagliamo a chiamare pallettari giocatori che altro non sono che grandi regolaristi.
Dei fessi chiamavo Borg e Barazzutti pallettari. Nulla di più sbagliato. Erano giocatori di pressione che sbagliavano poco e si muovevano molto bene. Con un’alta concentrazione. Ho incontrato Barazzutti nella finale dei campionati italiani over 45 e vi assicuro che non era un pallettaro, anzi. Tirava veramente forte e non sbagliava mai. Grande smorzata e, quando veniva a rete, era per giocare una volée facile conclusiva dopo un ottimo attacco.
Guardando qualche vecchia partita di Borg, chiamato pallettaro dagli incompetenti, noterete che faceva sempre serve and volley e, negli scambi da fondo, appena poteva andava a rete. Certamente, quando giocava sulla terra usava un altro gioco, altrimenti non avrebbe vinto quanto ha vinto.
Ricapitolando: i primi colpi giocateli in sicurezza ma cercate di prevedere quale sarà il vostro obiettivo finale. Un esempio: palleggio a lungo sul colpo più debole del mio avversario e, quando lui accorcia, cerco il vincente sul suo diritto. Questo schema lo dovete applicare col chiaro intento di finire la palla in quel modo. Perciò, diamo ragione a Jon Tiriac, che di tennis ne capisce tanto ancora oggi.
Meditate e giocate a scacchi che vi aiuterà a migliorare il vostro tennis.
Un abbraccio da un vecchio maestro.