Björn Borg: il Tennista Alieno

Pubblicato da Giovanni Carnaroli


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Björn Borg, il tennista che si stancò di vincere, tanto vinse che a 26 anni disse: basta! Voglio avere una vita mia, fuori dal tennis.

La mia vita è stata tennis, tennis e poi tennis. A un certo punto non sono stato più in grado di sopportare la cosa. Non so se ero stanco di giocare o se mi avesse stancato tutto quello che ruotava attorno al tennis, quel che è certo è che volevo una vita mia.

Dedico questo saggio al mio Amico Luca Bottazzi per due motivi: il primo è che entrambi condividiamo una comune e radicata passione per il gioco del tennis e la seconda ragione è dovuta al fatto che Luca ha conosciuto Borg e ha giocato con Borg:allegherò una foto di Borg e Bottazzi entrambi in assetto di gioco.

Bottazzi e Borg

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Bjorn Borg vs i Tennisti di Oggi

Scrivo questo saggio su uno dei tennisti più famosi ed importanti della storia del tennis alla luce dell’uscita del film sulla rivalità tra McEnroe e Borg. Non potevo non fare un saggio sullo svedese che più biondo di un angelo biondo era, ma che al posto delle ali aveva la racchetta. Quando parli di questi campioni di un certo tempo fa, subito si sente la necessità di fare i paragoni con campioni, magari di oggi, si contano i tornei vinti e si stila una classifica.

Devo dire che questa cosa non mi ha mai attirato o interessato e vi spiego anche il perché: a riguardo si sentono frasi del tipo ‘oggi non c’è paragone tra quei tennisti di una volta e quelli di adesso’, oggi il tennis è un altro sport!’ oppure ‘allora tiravano piano e tutto era più rallentato’. Sono frasi di una banalità assoluta, infarcite da luoghi comuni davvero imbarazzanti.

Non inizio neppure questo tipo di polemica che non ha ragione di esistere: sarebbe come dire che Gesù sarebbe stato più popolare con le sue parabole se avesse avuto il tablet o se avesse potuto mandare i video su YouTube! Oppure come dire: “Era più forte Coppi nel ciclismo o Merckx?”. Coppi correva su strade sterrate e con una collana al collo speciale, chiamata camera d’aria, Merckx invece correva su strade asfaltate e con l’ammiraglia dietro. Per non parlare poi dell’importanza dell’avvento della chimica  nel mondo dello sport con prodotti adatti alla resistenza e alla fatica che rendono le performance degli atleti più straordinarie. È la chimica che tiene in vita arzilli ottantenni  che mantengono attiva anche una vita sessuale  e che a fine rapporto, invece di dire – Grazie, amore! – dicono invece – Grazie chimica! – .

Ha senso domandarsi chi è più campione? Sono stati entrambi veri campioni del loro tempo e ognuno di noi è figlio del proprio vissuto, ho messo la virgola ma adesso metto un punto tombale sulla questione.

Chi era Bjorn Borg

Allora comincio così: c’era una volta un ragazzetto di altezza un po’ più elevata della media europea di allora, aveva un carattere schivo e riservato e agli altri lasciava poche chances di capirlo se non attraverso le sue azioni o movimenti  del suo corpo. Parlava poco ma la sua timidezza o riservatezza la scacciava a forza di racchettate o colpi di tennis. In Svezia il clima è severo un po’ come gli svedesi che sono un popolo compassato e civile, mai sopra le righe. Ha imparato a giocare a tennis al coperto in palestra, per il clima all’aperto il tennis lo puoi praticare per pochi mesi all’anno lá.

Cominciamo con la sua descrizione fisica: una testa un pò allungata ma ben disegnata ci fa dire che la parte alta era molto cespugliata di capelli spessi di un caldo color biondo scuro e chiaro con un gran ciuffo riportato all’indietro, come da noi faceva il cantante Bobby Solo (solo che lui era scuro di capelli e non poteva che essere così, essendo lui un europeo mediterraneo). La fronte era così libera, ma quando giocava era occupata perennemente da una fascia; poi due occhi verdi scuri con sfumature di chiaro, occhi freddi, occhi che guardano, che osservano e che non contemplano. Non sono occhi da indovino o da mago e neanche da sognatore, sono occhi che puntualizzano una situazione che è ‘in fieri’, in divenire: sono occhi cinici che mai hanno ospitato compassione o ipotecato di vedere un atto di carità. Il naso pronunciato in avanti, non sfrontato ma volitivo, faceva da contrasto con quel carattere silente che lo rendeva solo con le sue racchette. Una bocca non piccola ma muta da sempre, poco impegnata, non solo a parlare, ma anche a sorridere. Una bocca che non parla è un po’ come un prete che non dice messa, come una suora che non prega, o come quel pugile che non boxa, o quel vigile che non multa! Il collo poi ci porta la visione su un tronco piatto, per niente palestrato, comunque muscoloso e forte: le tartarughe addominali svedesi se ne stanno schive e riottose all’ostentazione e si accontentano di stare coperte dalla mitica maglietta a righe della Fila.

Le braccia e le gambe sembrano non particolarmente potenti ma sono rapide e veloci e lo portano facile sulla pallina da colpire. Già me lo immagino questo ragazzetto in Svezia a giocare in un palazzetto dello sport, in una superficie veloce con la palla che saltava alta e che, per acchiapparla, dovevi per forza arcuare il piatto corde verso la stessa, per sporcare la traiettoria, che così veleggiava come ingabbiata da quelle superbe rotazioni, che la facevano restare nel campo dell’avversario e che la facevano rimbalzare poi in alto come una ragazzina libertina e biricchina che vuol fare la sciocchina.

Borg il campione

Gli è subito piaciuto giocare a tennis, Bjorn con la pallina andava d’accordo; anche la pallina non parlava, come lui del resto, e quel rapporto muto era però consenziente, divertente e poi diventerà pure stupefacente ed irriverente per tutti gli avversari. Una battuta calcolata, un servizio che era un vantaggio e, saggiamente posto agli incroci del rettangolo di battuta, dettava poi il resto dello spartito fatto di un rovescio bimane e da un diritto sempre molto angolato, sia in cross che lungo linea. Infine un colpo al volo mai eclatante ma fatto di volée definitive e da smash piazzati che martoriavano l’animo dell’avversario, che diventava spento e sfiduciato e la faccia invece si faceva rossa per lo sforzo e anche per la rabbia.

Con Borg non era valido neanche il proverbio ‘Rosso di sera buon tempo si spera’, anzi si potrebbe dire ‘Rosso di rabbia e di fatica arranca e la sconfitta avanza!’.

L’Arma Vincente

Ma c’è un aspetto che colpiva di questo straordinario campione quando giocava: era l’aspetto della ‘indifferenza’ che mostrava dopo aver subito un punto o aver fatto un vincente all’avversario! Era questo una cosa che sbalordiva tutti noi umani: gli umani si emozionano, se subiscono si ribellano, pretendono, si disperano e se la prendono con il creato e con se stessi. Si, lo so tomi e tomi di psicologia applicata allo sport ci insegnano ad indossare un ‘habitus’ mentale o una ‘forma mentis’ tetragona alle avversità ma c’è un problema: l’umanità non sarà mai un robot, l’umano ha un animo, un carattere, e il sentimento non si allinea mai del tutto o per sempre alla ragione o al calcolo. Del resto cos’altro è la passione se non l’abiura del ‘bilancino’ raziocinante e il cavalcare un sogno che tanto più è impossibile e tanto più bello diventa da realizzare.

Beh, Bjorn sembrava un alieno, mica un umano: mai l’avversario ha avuto la soddisfazione di averlo innervosito o di averlo preoccupato con il suo gioco. Aveva un viso che era una lavagna muta, non tradiva emozioni, sbalzi di umore. Ecco, era l’indifferenza che ‘uccideva’ (sportivamente parlando) l’avversario, condito al suo gioco ossessivo, ripetitivo e multiplo: eh si, perché stava a fondo campo ma anche no, stava lì a palleggiare per minuti, ma anche no, perché poi te lo trovavi andare a rete con un tiro congruo ma non certamente una cannonata (del resto le racchette erano di legno) è lì a rete non era un pesce fuor d’acqua perché eseguiva le volée senza sbavature e con il bollino di qualità, come quello delle banane ‘ciquita’!

Non faceva la ‘sbracciata’ alla Agassi, quel summovimento scomposto del braccio che fa del colpo uno ‘schiaffone’ o un ‘ceffone’ che una volta i ‘pater familias’ regalavano ai figli al posto delle parole. Faceva un gran punto, Sempre uguale con quel ‘visage” imperturbabile’, sembrava che giocasse con un telecomando nascosto, un po’ come fanno certi ciclisti malandrini che gareggiano con un motorino nascosto all’interno della bicicletta.

Dunque Borg era vincente per l’indifferenza che mostrava all’avversario e per quel nuovo gioco arrotato che aveva sacrificato un po’ la velocità, in nome della regolarità. Nasceva il colpo arrotato in  top spin che tanti successi poi porterà anche a giocatori sensazionali come Vilas, Muster e infine il (già) leggendario Nadal!

Se non Avesse Fatto il Tennista…

Ha vinto sempre dappertutto, su tutti i campi veloci, se non avesse fatto il tennista avrebbe potuto fare il serial killer, lui, occhi fieri e di ghiaccio, non tradirebbe emozioni e sarebbe adatto anche a fare il croupier in una sala di gioco d’azzardo (nel dare le carte certamente la sua faccia sarebbe stata una lavagna per niente scritta).

Avrebbe potuto fare anche il maratoneta, il suo fisico asciutto e resistente avrebbe retto anche mentalmente all’idea di viaggiare con sorella fatica e con madre pazienza. È svedese e conosce la neve: dovrei dire che avrebbe potuto fare anche lo sciatore? Ma anche no, a lui piace spostarsi con le sue gambe, non andare trasportato o galleggiare su due scialuppe ai piedi chiamate sci.

Mai e poi mai potrebbe fare l’intrattenitore o il comico: pretendere da Borg che sia comico sarebbe come pretendere che in Italia la politica fosse una cosa seria, sarebbe come pretendere che la neve ‘andasse in calore’, sarebbe come dire che la lingua napoletana e la lingua tedesca pari sono. Non potrebbe mai essere napoletano o romano, ma tedesco si: infatti come un tedesco ha marciato alla vittoria con determinazione e volontà.

Ho detto che Borg potrebbe sembrare anche tedesco: la Germania è una grande nazione, il suo popolo si è ‘mondato’ dall’infezione nazista e oggi è una potente nazione unita e con una forte presenza di stranieri. In Germania anche la lingua è ordinata. Quando parla un tedesco sembra che ti comandi, non che ti parli: le parole suonano urticanti all’orecchio e sibilanti fuoriescono dalla bocca che sembra quasi che si ferisca nel pronunciarle. A dimostrazione che un popolo che ha sbagliato può tornare ad essere libero, democratico e benestante. I latini dicevano: ‘Ex concordia felicitas’, avevano ragione; come spesso accade, c’è tanto da imparare dal passato. E dire che in Italia qualcuno parla di rottamazione di ciò che è stato, dimenticando che la qualità di un progetto non è anagrafica.

Borg ha fatto il tennista in modo tutto suo, unico e pure vincente: se dovessi fare il gioco di paragonare il giocatore ad un animale  allora Borg mi fa pensare ad un cavallo, come lui agile e veloce, ma anche ad un cammello, perché resistente alla fatica e costante nel rendimento.

Perché il Ritiro a 26 anni

Stupiva quella capacità di sopire le emozioni, le gioie o le frustrazioni: io credo di sapere perché ha giocato a tennis, perché ha vinto tanto e perché ha smesso a soli 26 anni! Senza essere presuntuoso, vi dico che per il temperamento schivo che aveva ha smesso per noia, il tennis era diventato per lui come una messa: quando vai a sentir messa sai già quel che sentirai e vedrai, sai anche come finirà e sai che a dire messa sarà il sacerdote.

Borg era anche il tennista-sacerdote: andavi a vederlo e sapevi che tennis avresti visto e sapevi anche che la partita l’avrebbe fatta e vinta lui! Ha smesso anche perché Borg fuori campo viveva come se fosse sempre in campo: meticoloso e maniaco nella alimentazione e nell’allenamento, aveva azzerato la vita sociale, e per questo sembrava un alieno in campo, perché lo era anche nel privato. Stanco di tutto questo si è aperto alla vita, impreparato come un bimbo. Ha avuto un rapporto tormentato con le donne, rapporti che non hanno mai retto: prima si era accompagnato con una tal Mariana Simionescu, una romena, poi la clamorosa unione con Loredana Bertè, la cantante stravagante e debordante che era il suo esatto contrario. Forse per questo ne fu attratto, Loredana era tutto quello che lui non era e che non poteva essere; stare con la Bertè ha rappresentato per lui avere un film della vita tutto diverso, urticante e fuori dalle righe.

Bertè e Borg

Non poteva durare e così è stato. Perché Borg smentisce perfino Pirandello che diceva che ognuno di noi è ‘uno,nessuno e centomila’: infatti di Borg ce n’è stato (forse) sempre uno, quello che lo sport ci ha fatto conoscere.

Note dell’Autore

Questo saggio sul leggendario Bjorn Borg è una riflessione sul personaggio Bjorn, sulla sua persona, oltre che sul suo modo di aver interpretato il gioco del tennis. Che siano Santi del Paradiso, soldati eroi di guerra o tennisti di questo mondo a me interessa descriverli come persone che vivono e che fanno ‘civitas et comunitas’ e come attori che interpretano il film della loro vita. Lascio agli esperti parlare di cifre e di tornei vinti, altrimenti dovrei dirvi, ma non lo faccio, che (fonte Wikipedia):

Bjorn tra il 1974 e il 1981 ha vinto 11 titoli del Grande Slam, allora un record nell’era Open in campo maschile, di cui sei al Roland Garros (record battuto da Rafael Nadal) e cinque consecutivi a Wimbledon (record eguagliato da Roger Federer) ed è stato numero uno del mondo nella classifica ATP dal 23 agosto 1977 al 2 agosto 1981.

Borg batté numerosi record dell’era Open che tuttora resistono, vincendo il 41% dei tornei del Grande Slam che disputò e il 90% dei singoli match di quei tornei,[4] vincendo sia l’Open di Francia che Wimbledon per tre anni consecutivi, e vincendo tre tornei del Grand Slam senza perdere un set. Inoltre, la sua percentuale di vittorie in carriera è dell’82.74% degli incontri disputati, e del 70% contro giocatori all’epoca fra i primi dieci al mondo. 

Basta un click per avere questi dati, invece ci vuole un pensiero per studiare o comprendere i diversi e, qualche volta, opposti comportamenti umani: in questo campo non c’è certezza e solo una riflessione attenta ci fa capire che ognuno di noi è unico, originale ed inimitabile, simile magari, ma mai identico! È la galassia umana, prateria interminata e mai conosciuta abbastanza!

Un saluto al leggendario Bjorn Borg!

Con rispetto del personaggio e dei lettori
Il prof. Giovanni Carnaroli

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