L’Eredità che ci lasciano gli US Open

Pubblicato da Salvatore


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Ebbene si, ogni torneo lascia sempre qualcosa nel momento in cui finisce e questo non è da meno. Nel momento in cui per battere Djokovic occorre o un carro armato o un problema fisico, ecco qui che spunta Wawrinka, capace di bombardare il serbo con, appunto, missili terra-aria. Ma la domanda sorge spontanea: ha vinto Wawrinka o ha perso Djokovic non in piena salute?

Al di là delle dichiarazioni del serbo post-gara che con grande stile ha messo in risalto i meriti dell’avversario più che i suoi guai fisici, forse, è stata più la sua proverbiale solidità mentale e fisica ad abbandonarlo sul più bello, in particolare su quelle 14 palle break non sfruttate perché, diciamolo pure, ieri sera è stato un ottimo Wawrinka (che poesia il suo rovescio) ma non il tennista “ingiocabile” che ha vinto il Roland Garros.

La partita è stata bella a tratti, emozionate a volte, combattuta molto (per fortuna). Ma la questione è un’altra: chi, guardando la finale ieri, non avrebbe gradito qualche Serve & Volley in più, qualche attacco in back o smorzata con contro smorzata e passante in corsa?

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Senza scomodare partite entrate di diritto nella storia di questo gioco, la gara di ieri ha dimostrato come il tennis moderno stia cambiando in favore di un tennis che di puro attacco ha ben poco ma, al contrario, votato alla difesa della trincea con la forza e le cannonate da fondocampo. Lo stesso Djokovic è l’esempio perfetto del giocatore che fa della straordinaria atleticità la sua migliore virtù unita ad una solidità quasi imbarazzante (a parte ieri) ma che è, ormai, rimasto solo nell’olimpo dei supercampioni.

Sembra assurdo dire questo dopo una sconfitta ma la partita l’ha persa lui e, forse, la verità è che già sentiamo terribilmente la mancanza di sua maestà Re Roger, capace di giocare ogni colpo di questo meraviglioso sport, così come del lottatore per eccellenza Rafael Nadal e della sua arcigna difesa con il gancio mancino a chiudere rally di 25 colpi.

Ognuno degli illustri giocatori appena nominati rappresentano o hanno rappresentato un modo di giocare, un’identità definita ma ora, con Federer a dover fare i conti con la carta d’identità e Nadal ormai logoro dopo anni di sollecitazioni articolari a limite dell’essere umano, non ci sono che fenomenali colpitori ma pochi fenomenali giocatori. E per nostra grande fortuna, almeno quest’anno, qualche volta arriva un Wawrinka o Murray a raccogliere ciò che gli altri (pardon Djokovic) lascia loro.

Osservo i vari giovani come Zverev, Thiem e Kyrgios, i campioni del futuro, con la augurio che, oltre a crescere in fretta, potranno scoprire ed imparare che il tennis non è solo una fucilata da 200 km/h.

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