Lavorare con un campione: John Newcombe

Pubblicato da Franco De Ambrogio


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Diversi anni fa mi inserirono nello staff tecnico dell’Eropean John Newcombe Tennis School a Roccaruja in Sardegna.
John allora aveva 35 anni, quindi al termine di una strabiliante carriera.

Giunse dall’Australia una sera insieme alla moglie. Una grande emozione. Volle conoscere subito lo staff che, naturalmente, doveva parlare inglese perfettamente.

Il giorno successivo alle 8.30 meeting col gruppo di allievi e, partenza, trenta minuti di corsa con lui in testa. Tutti in campo. Nessuno era abituato a ciò. Molti erano già “bolliti” dopo la corsa di riscaldamento. Iniziano su 5 campi i drills (esercitazioni a cesto). Breve dimostrazione di Jhon che dimostra come l’impugnatura eastern sia la più corretta.

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Un maestro con tre allievi per campo. Un esercizio diverso su ogni campo con ritmi scanditi da Newcombe. Ogni 15 minuti cambio campo. Dopo due cambi abbeveraggio. Grande allenamento e gran divertimento.

Pomeriggio dedicato alla tecnica con l’ausilio (già allora) di telecamera e riprese al rallentatore. Correzione del dritto. Dimostrazione di John strabiliante che fece vedere il dritto di Panatta con impugnatura continental, quello di Borg con grip western ed il suo con la famosa “eastern”.

Il commento di John al termine fu: “Reputo, senza falsa modestia, che il mio sia il dritto più bello del mondo ed anche il più facile da imparare”.

Dichiarazione che poteva sembrare alquanto altezzosa ma, in seguito, capimmo tutti che era stata pronunciata per caldeggiare l’uso del l’impugnatura eastern. Non ha mai denigrato gli altri metodi ma ne ha spiegato i pro ed i contro che non sto ora a dettagliare.

Ricordo che si assentò una settimana per andare a Wimbledon a giocare il doppio insieme a Tony Roche. Persero in finale da Mac Enroe Fleming. Tornò ed alle 8.30 della mattina seguente di nuovo in campo dopo il riscaldamento quotidiano di 30 minuti di jogging. Alle 17.00 tutti i giorni, esibizione di singolo e doppio con noi maestri ed alcuni allievi già bravi come Luca Bottazzi e Simone Colombo. Ricordo anche un bravo coach australiano di nome Rodney Weaver.

La strategia agonistica di Newcombe era semplice. Da due metri oltre la riga di fondo a uno dentro il campo (zona di manovra) bisogna far muovere l’avversario con colpi solidi per far sì che accorci e ti giochi una palla più corta (zona di attacco). A questo punto si gioca un solo colpo per avvicinarsi alla rete (zona di chiusura).

Categorico: non esiste colpire una palla a metà campo e tornare indietro. Se non si possiede una volèe efficace, bisogna migliorarla.
Si sa che gli australiani adorano la birra, quindi, tutti insieme grande risate con John che raccontava, col bicchiere in mano, aneddoti della sua carriera.
Grande personaggio, gran carisma e tanta umiltà. Questo è stato un grande campione.
Uno dei miei più grossi errori è stato quello di non seguirlo in Australia quando me lo chiese.
Ciao Jhon Newcombe

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